Quando da piccola mi immergevo nelle pagine del lacrimoso libro Cuore, mi lasciavo sempre trascinare dalle stesse storie. Tra le preferite, quella del malvagio Franti (“e l’infame sorrise”), o “L’uomo dagli occhi di vetro”, fino ad arrivare al Piccolo Scrivano Fiorentino, per ovvie ragioni campanilistiche. Ma tra tutte, “Dagli Appennini alle Ande” era quella che mi attirava meno… Era innanzitutto molto più lunga di altre ed io, si sa, sono sempre stata ignorante. Inoltre, mi pareva davvero troppo strappalacrime, anche per un polpettaro come il signor De Amicis. Infine, soprattutto, raccontava di un mondo che non mi apparteneva del tutto, era una specie di romanzo di fantascienza ed io la trilogia di Asimov ce l’ho ancora intonsa nella mia libreria, placidamente avvolta nella sua psichedelica copertina rigida. Certo, l’Appennino ce l’avevo dentro, non sapevo
bene dove e come fosse, ma comunque sapevo che di tanto in tanto su questo fantomatico Appennino ci si andava, mi avevano raccontato che era fratello delle Alpi e col tempo era divenuto quasi meccanico, dopo le prime lezioni di geografia, disegnare una striscia marrone in mezzo allo stivale… ma le Ande, signori… le Ande… CHE COSA DIAVOLO erano, le ANDE?!? Qualcosa tipo
Ecco, sì. Questo pensavo. Che le Ande svolgessero una funzione più che altro lessicale, che chissà come fossero state relegate a modo di dire dopo qualche oscuro accadimento storico e che col tempo fossero diventate così, parenti strette delle Calende Greche, sulle quali in fin dei conti non valeva la pena indagare oltre.
Invece, nella sorpresa generale, sono qui a dirvi che ho scoperto che le Ande, queste sconosciute, ci sono! Esistono sul serio!
E non hanno niente di irreale, sebbene siano spesso teatro di situazioni surreali.
E invece... Non c’è trucco non c’è inganno. Esistevano pure loro. Oddio, sui maya e sugli aztechi devo ancora indagare, ma tutto questo, a meno che il presidente Garcia non abbia individuato nella costruzione di falsi siti archeologici una valida via d’uscita dalla crisi globale, pare essere proprio opera degli incas. caratterizzato da un differente microclima e nel centro pare si concentri un’energia particolare (così particolare che da quando ci sono stata, l’orticaria non mi ha mai più abbandonata).
Ed è solo un esempio. Pare che l’abbiano fatta davvero grossa Pizarro i suoi. Così grossa che pare anche che nessuno si stupisca più alle parole dell’inno nazionale peruviano, quando promettono che "nuestros brazos, hasta hoy desarmados, estén siempre cebando el cañón, que algún día las playas de Iberia sentirán de su estruendo el terror". Ma questa è un’altra storia…
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